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Park Guell di Gaudì

park-guell-3Gaudi (1852-1926) fu il principale protagonista del modernismo. La sua personalità può essere interpretata da un duplice punto di vista: da un lato, giustificandone la razionalità tecnica con l’eccezionale dominio delle forme e dei materiali, e dall’altro, insistendo sul suo pensiero trascendente, che lo condusse a creare un’opera piena di contenuti simbolici, in antitesi alle correnti dell’architettura occidentale moderna. Gaudi si proponeva di fornire soluzioni pratiche come progettare viadotti e strade per i pedoni, ma, contemporaneamente, i risultati andavano ben oltre, con l’aspirazione di giungere all’opera d’arte totale rompendo il confine tra natura, o Creazione, e arte, intesa come produzione umana. Guell comprese più di ogni altro suo contemporaneo il senso dell’architettura di Gaudi; per questo gli commissionò nel 1900 il progetto di costruire un’urbanizzazione per famiglie benestanti in una zona che aveva acquistato nella zona conosciuta come “montana Pelada”. I lavori del Park Guell avanzarono a buon ritmo, ma Guell decise di bloccarli nel 1914; nel 1922 aprì come parco pubblico e nel 1984 venne dichiarato patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. E’ interessante notare come sono state effettuate molteplici interpretazioni all’universo simbolico del Park Guell e dei suoi rapporti con la Grecia classica, la tradizione cristiana e la Catalogna.

L’icona del parco è la Salamandra sulla parte alta della scalinata del parco; serviva da scarico della cisterna situata sotto il mercato. E’ un elemento prefabbricato in mattoni, che una volta collocato al suo posto, venne rivestito da frammenti di ceramica policromi. Grazie alla sua forza iconografica, la Salamandra è divenuta la scultura più nota del parco e di tutta la città di Barcellona.

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L’Italia è protagonista assoluta per la difesa del patrimonio culturale mondiale

difesa del patrimonio culturaleL’Italia è protagonista in questa iniziativa per la difesa del patrimonio culturale internazionale nelle aree di crisi. L’intesa che è stata stipulata il 16 febbraio 2016 tra Italia e UNESCO, va a focalizzare e a mettere ancor di più in risalto il lavoro di recupero e di salvaguardia che la nostra nazione stava e sta facendo. Al momento l’Italia è impegnata in più di 170 missioni archeologiche, antropologiche ed etnologiche all’estero. E’ dal 1969 che esiste un Comando di carabinieri che si occupa della tutela del patrimonio. Quarantasette anni di lavoro in questo settore che hanno portato molti frutti: sono state recuperate 135 mila reperti, arrestate 1639 persone e più di 7 mila denunciate.

Saccheggi, distruzioni e scempi commessi ultimamente hanno portato l’UNESCO ad adottare un’apposita Dichiarazione riguardante la distruzione internazionale del patrimonio culturale, approvata a Parigi nel 2003. La Dichiarazione invita gli Stati a lottare contro la distruzione internazionale del patrimonio culturale tramite l’adozione di appropriate misure legislative, amministrative, educative e tecniche. Ma perchè vogliamo proteggere, con così tanto impegno, libri, monumenti e quant’altro? A cosa ci può servire? La risposta ci viene data dal Direttore Generale dell’UNESCO, Irina Bokova: “Siamo qui con un senso di responsabilità, con emozione e grande passione. I beni culturali non sono solo bellezza intrinseca, ma rappresentano quello che siamo, la nostra civiltà, la nostra identità. E’ per questo che il terrorismo punta a danneggiare il patrimonio culturale: per colpire il cuore della civiltà. Proteggere questo è importante; una nazione resta viva quando la Cultura resta viva. Dobbiamo mantenere viva la nostra cultura e quindi tutelare il nostro patrimonio, per essere un popolo”.

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“Venere che scherza con due colombe” di Hayez

venere di HayezAlla sua comparsa all’esposizione di Brera del 1830, la tela suscitò scandalo e fomentò una veemente diatriba tra il partito dei romantici, patrocinatori dell’opera, e quello dei classicisti, indignati dall’esibizione sfacciata e per giunta in primo piano, delle seducenti forme della modella, nonché da un’aderenza al vero che trascurava le esigenze del decoro e delle auree proporzioni. I glutei abbandonati e le cosce tornite risultavano eccessivi, disarmonici, caricaturali , volutamente volgari. Fu lo stesso Hayez, nelle Memorie, a sconfessare le critiche, asserendo che la colpa di tanta scabrosità andava ascritta alla straordinaria abbondanza delle forme della ballerina Carlotta Chabert, amante del conte trentino Girolamo Malfatti, committente del dipinto, e non all’artista, che si era limitato ad una trasposizione del vero. Un corpo languido, voluttuoso, morbido e procace: più che una divinità la “Venere che scherza con du colombe” di Hayez è una cortigiana dalle voglie inconfessabili e convulse.

Considerata un capolavoro della pittura ottocentesca, la Venere di Hayez è secondo la storia dell’arte una tappa fondamentale nel superamento delle istanze neoclassiche. E’ un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni: 183×137 cm; è proprietà della fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto ed attualmente è esposta in Gallerie d’Italia a Milano per la mostra di Hayez.